lunedì 6 gennaio 2014

Legends

Munro: storia di una leggenda veloce


C'è chi conquista l'appellativo di leggenda in giovane età, mettendo a segno qualche impresa epocale o realizzando un qualcosa in grado di intersecare con la routine quotidiana e mutarla (positivo o negativo che sia). C'è chi lo diviene per aver compiuto chissà quali gesta o esposto determinate parole in un particolare contesto. Ci sono quelli che realmente amputano alla parola impossibile le prime due lettere, rendendo qualunque cosa raggiungibile. Poi ci sono gli ostinati, coloro che perseverano il proprio scopo fino alla fine dei loro giorni.
Burt Munro, all'anagrafe Herbert James, rientra tra una di queste voci.
Forse l'ultima, la penultima o persino la terza citata. Fatto sta che la sua idea fu così folle che, oltre ad averla raggiunta in là coi tempi, ebbe qualcosa di incredibile.
Prese una Indian (una Scout del 1920) e la convinzione di renderla la più veloce di tutti i tempi.
Verrebbe da esclamare "sto qui è matto" già ai giorni nostri, figuriamoci ai tempi dello stesso Burt o dell'anno d'uscita della moto stessa.
Le Indian non erano concepite per andare veloce, meno ancora la sua Scout da 80km/h.
Ci vollero quarant'anni di tempo per preparare quella moto; trascorsi tra modifiche, prove, incidenti, raccolte fondi, multe, un divorzio da parte della moglie, un emorraggia cerebrale, pistoni grippati, studi e ricerche da autodidatta prima dell'impresa di Bonneville nel 1967.
305,9 Km/h la velocità massima raggiunta dall'uomo della terra dei kiwi. Vengono i brividi al solo pensiero che fu realizzata con una moto degli anni '20. Adattata si, ma di poco. Cambio e motore erano qualcosa di particolare, alcune parti della ciclistica lasciavano a desiderare ed aveva una forma simile a qualche sommergibile dell'era bellica.
Roba da farci un film, così fu. Ma l'adattamento cinematografico non fu dei migliori. Anthony Hopkins impersonò Munro nelle vesti di uno spirito ribelle avanti con gli anni, ma fu fatta un po' di confusione con la biografia dello stesso. Aneddoti e richiami al neozelandese sono stati inseriti in un unica storia che, se non fosse stata ispirata a tale impresa, poteva avere dei riscontri dal pubblico come film fiabesco.
Munrò passo a miglior vita trentasei anni fa, nella stessa Invercargill che gli diede i natali e dove visse durante la sua esistenza. Ma il ricordo è ancora vivo perché, nonostante sia sepolto, il suo record nel lago salato di Bonneville è ancora li. Intatto da quasi cinquant'anni,
quando affronto la superficie di quella distesa di sale in sella alla sua Indian. La stessa con cui corse fino alla sua morte, infischiandosene di quando gli fu tolta la licenza per motivi di salute e corse solo clandestinamente. In sella alla sua Indian, con il numero 35 perché gli portava fortuna; sempre aldilà dei limiti di velocità.




+Indian Motorcycle +Riders´ World 

Nessun commento:

Posta un commento